Questo è il Monte Bianco, siamo in Italia e precisamente in Valle D'Aosta, una delle meraviglie della Terra, per un viaggio in montagna dove è quasi con stupore che ci si rende conto di non essere in un lontano continente selvaggio, ma nel cuore della vecchia Europa, a 219 Km di autostrada da Milano, a 150 da Torino. Courmayeur, con il suo avamposto di Entrèves, è la soglia spalancata sul versante italiano della più alta montagna d’Europa (4.810 m).
Davanti Entrèves, c’è una muraglia ciclopica di roccia. Sotto questa muraglia, per 15 Km verso sud-ovest, digrada la Val Veny, per altri 15 Km a nord-est sale la Val Ferret. In linea retta, da un capo all’altro, ci sono 30 Km. Questa è la parete italiana del Monte Bianco.
E’ strano, ma il tetto delle Alpi, a chi lo intravede per un attimo, la prima volta, dalla strada che da Aosta risale il fondovalle, può suggerire un’idea di mare. Contro l’orizzonte, sopra un accavallarsi di creste verdeggianti, simili alle fumature di un oceano, appare per un attimo un caos bianco, confuso e arruffato come la schiuma di una grande ondata. Una curva, e la visione è già sparita. Quando la si ritrova, a Pré S. Didier, a Courmayeur e, infine, a Entrèves, si scopre che di un mare si può davvero parlare, ma come sollevato da un cataclisma e lì pietrificato, nel granito e nel ghiaccio.
Uno che se ne intende, Gaston Rebuffat, forse con Walter Bonatti l’uomo che ha conosciuto più a fondo la grande montagna, ha detto che, se il versante francese è maestoso con le sue grandi masse di ghiaccio e le lontane guglie delle creste, la parte italiana del Bianco è semplicemente grandiosa. Sulle valli Veny e Ferret, dolci e verdi di boschi, di pascoli e di torrenti, la muraglia di roccia si erge all’improvviso con una potenza selvaggia, esaltante e terribile. Fu una lotta di giganti, cominciata forse da trecento milioni di anni, ma sviluppatasi soprattutto qualche decina di milioni di anni fa, a decidere di questo destino. Forze immani si affrontavano in un colossale gioco di spinte, dalla parte che sarebbe stata italiana, la roccia si alzò verticale come un muro, dall’altra, digradò come un tetto, e si coprì di nevi eterne.
E’ strano, ma il tetto delle Alpi, a chi lo intravede per un attimo, la prima volta, dalla strada che da Aosta risale il fondovalle, può suggerire un’idea di mare. Contro l’orizzonte, sopra un accavallarsi di creste verdeggianti, simili alle fumature di un oceano, appare per un attimo un caos bianco, confuso e arruffato come la schiuma di una grande ondata. Una curva, e la visione è già sparita. Quando la si ritrova, a Pré S. Didier, a Courmayeur e, infine, a Entrèves, si scopre che di un mare si può davvero parlare, ma come sollevato da un cataclisma e lì pietrificato, nel granito e nel ghiaccio.
Uno che se ne intende, Gaston Rebuffat, forse con Walter Bonatti l’uomo che ha conosciuto più a fondo la grande montagna, ha detto che, se il versante francese è maestoso con le sue grandi masse di ghiaccio e le lontane guglie delle creste, la parte italiana del Bianco è semplicemente grandiosa. Sulle valli Veny e Ferret, dolci e verdi di boschi, di pascoli e di torrenti, la muraglia di roccia si erge all’improvviso con una potenza selvaggia, esaltante e terribile. Fu una lotta di giganti, cominciata forse da trecento milioni di anni, ma sviluppatasi soprattutto qualche decina di milioni di anni fa, a decidere di questo destino. Forze immani si affrontavano in un colossale gioco di spinte, dalla parte che sarebbe stata italiana, la roccia si alzò verticale come un muro, dall’altra, digradò come un tetto, e si coprì di nevi eterne.
Per quanto riguarda la temperatura la Valle d’Aosta gode di un clima continentale, con forte differenze tra il giorno e la notte sia d’estate che d’inverno.
I tre piatti più famosi della cucina valdostana sono: seupa à la valpellinentze, la bistecca alla valdostana e la fonduta. Le specialità non sono molte e tengono conto soprattutto delle difficili condizioni ambientali durante i mesi invernali ed è anche per questo che sono piatti ricchi di calorie. Gli ingredienti principali che si trovano nei piatti valdostani sono il latte e i suoi derivati. I salumi locali sono la motzetta o mocetta, cioè la polpa della coscia del bovino che presenta una preparazione in salamoia con aglio, salvia, rosmarino ed alloro e poi essiccata, da accompagnare con un filo di miele o un po’ di burro, il lardo d’Arnard, il prosciutto della conca di Bosses, il boudin, sanguinaccio che si mangia crudo, lessato o fritto. I primi piatti valdostani sono costituiti soprattutto da zuppe, la più famosa è la seupa à la valpellinentze, formata da pane raffermo e da fontina alternati a cavoli lessati e cucinati nel brodo di carne; altro piatto tipico è la polenta quasi sempre concia, cioè mescolata con la fontina e sempre fatti con la fontina sono gli gnocchi alla valdostana e le crespelle, ripiene con prosciutto cotto. I secondi piatti invece sono caratterizzati dalla carne, celebre è la bistecca alla valdostana: costoletta di vitello imbottita di fontina e passata nella farina, nell’uovo e nel pangrattato e poi rosolata con il burro, altro piatto è la fonduta, una fusione di fontina, burro, uova, latte e un pò di liquore che si mangia caldissima su crostini di pane. Esiste poi la civet valdostana, cioè camoscio o capriolo cotto con il pomodoro, ginepro e chiodi di garofano. Prodotto tipico della Valle di Gressoney è lo speck bollito che viene servito con crauti, patate e carote e le Knolle, gnocchi tondi di farina. I dolci tipici della Valle d’Aosta sono: il fiandolein, cioè una specie di zabaione, il brochat, dolce al cucchiaio con latte, zucchero e vino, il blanc manger, crema alla vaniglia. Certamente se si va in visita in Valle d’Aosta dopo aver mangiato i suoi piatti tipici non si può non assaggiare la grappa, ottima nella regione, ottenuta per infusione di frutta o di erbe.
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